venerdì 27 luglio 2012

Chissà fino a quando - parte IV


Quando ci si ritrova senza forze, dopo un rapporto sessuale intenso, spesso si usa un termine piuttosto efficace: spompato. Forse anche in riferimento a quel sesso orale che ti ha succhiato via tutto. Si, decisamente calzante e veritiera come espressione.
Così mi sentivo dopo essermi sfogato con la mammina e averla ridotta come piace a me: una maschera di sperma.
Qualche parola di circostanza, qualche battuta ma poco altro. Tutti e due ansimanti. Lei nel soggiorno, su quella poltrona dove l’avevo così conciata, occhi socchiusi e senza alcuna intenzione di andarsi a lavare il viso. Serena, sorridente, quasi sonnecchiante.
Io che un po’la guardavo fissa e un po chiudevo gli occhi seduto sul pavimento e con la schiena appoggiata al muro.
Un momento probabilmente poco “erotico”, tra due adulti che fino a poco prima si erano scopati con accanimento e quasi con rabbia.
Non ricordo bene quanto rimanemmo così. Forse una mezz’ora. Quel tanto probabilmente da far passare quello che viene chiamato “periodo refrattario”. La carica sessuale, la voglia la sentivo ancora, anche se fisicamente mi ero scatenato e non mi sentivo più molto sicuro di poter reggere un altro rapporto con quella donna, che peraltro si era dimostrata piena di risorse e priva di tabù.
Intanto la mammina si era alzata, era andata in bagno, si era rinfrescata e pulita dalle tracce del mio sperma. Devo dire che un po’ la cosa mi era dispiaciuta; inutile ripetere che vederla ridotta in quello stato, col viso, centro delle emozioni, marchiato del mio piacere mi aveva fatto sballare del tutto.
Adesso, con qualche allusione maliziosa, avevamo ricominciato a parlare e mi era riapparsa tutta bella sorridente e fresca, come pronta a ricominciare.
Adesso andai io in bagno e mi feci una veloce doccia, pregandola di aspettarmi. Sarei tornato più vispo di prima, le dissi. O almeno così speravo.
Pochi minuti dopo ci ritrovammo ancora in quel soggiorno, tutti e due sorridenti.
Poi la domanda: - “senti un po’ bella mammina, ma adesso che facciamo?”.
Si mise a ridere: - “non so proponi tu. Un po’ di coccole?”. E giù a ridere.
Avevo capito bene che le sue coccole significavano ancora dosi di cazzo.
Tra l’eccitato e la preoccupazione di non potela gratificarecome avrei voluto, mi avvicinai a lei e le dissi: “Ora vieni di qua, in camera mia. Proviamo a combinare qualcosa come dico io”.
La portai nella stanza vicina, le tolsi velocemente gli slip e la feci stendere sul letto.
“Adesso ci penso io. Ora un bel bis”.
E tornai a leccarle la fica, mentre le allargavo le grandi labbra con le mie dita, affondando la lingua sul clito, intorno, fino a stuzzicarla dentro. Continuai così a lungo mentre le sentivo il respiro affannoso e le sue mani sulla mia testa che mi spingevano contro di lei.
Non del tutto sicuro di poterla nuovamente scopare con intensità la volevo far venire con la mia bocca, eccitandomi della sua eccitazione.
Poi dopo diversi minuti, mentre sentivo la sua fica allagarsi sempre più di umori e sentivo sulla mia lingua le sue contrazioni, ecco che il cazzo per il momento soltanto “barzotto”, nel cogliere il suo respiro sempre più affannoso, divenne nuovamente duro; tanto da poterla penetrare come volevo.
Mi fermai, mi alzai un attimo e la guardai negli occhi. I miei erano sbarrati, quasi cattivi, esprimevano la voglia di tornare a scoparla in ogni buco e senza alcun riguardo.
I suoi erano socchiusi e quasi mi rimproveravano di essermi fermato: “cosa fai? Non perdere tempo, fammi godere, sbattimi, sborrami. Trattami da troia. Fai il porco come prima, sbrigati”.
- “Si, ma ora girati”.
Presi il cazzo con la mano destra mentre lei si era velocemente girata sul letto allargando le gambe e così scoprendo il suo culo e la fica.
Velocemente lo ficcai dentro, prima nella fica. E la pompai con forza mentre con una mano la tenevo per i fianchi e ogni tanto scendevo giù a massaggiarle il clitoride; e con l’altra la tenevo per i capelli, tirandoli. Non ricordo cosa le dicevo, cosa ci dicevamo. Sicuramente, tutti e due tra i denti, delle grandi oscenità condite da tanti “ti scopo troia”, “sfondami porco”.
Poi venne il momento della sua bocca.
Sempre tenendola per i capelli, subito dopo aver estratto velocemente il mio cazzo fradicio di umori dalla sua vagina, le dissi perentorio di aprire la bocca e di succhiarmelo.
La girai verso di me e senza problemi lo ficcai nella sua bocca che già stava aperta con la lingua di fuori.
Nonostante le avessi detto di succhiarmelo in realtà non le diedi alcuna opportunità di farlo:spingendo il bacino contro di lei le stavo letteralmente scopando la bocca, un po’in gola un po’ contro le guance, e così le facevo perdere della saliva.
Era un bel vedere. Si lasciava fare senza problemi mentre conducevo il ritmo con le mani tra i suoi capelli e il mio bacino che andava su e giù avvicinandosi alla sua bocca.
Sempre più forte. Sempre più forte, mentre la saliva le scendeva fino ai seni.
Con voce perentoria le dissi: “Ora ti sborro in bocca. Hai capito? Ti sborro in bocca”.
In realtà continuai ancora per un po’ così mentre le ripetevo queste frasi come ad amplificare la mia voglia.
E poi quando sentii che stavo arrivando iniziai a muovere con ancora più forza e intensità il cazzo nella sua calda e bagnata bocca.
Arrivarono gli schizzi e mi fermai un attimo stringendo i suoi capelli e la sua testa contro di me.
Forse non le riempii realmente la bocca ma la sensazione era quella: mi sentivo svuotare con schizzi liberatori e brucianti.
Adesso dalla sua bocca, mentre continuava a tenere gli occhi leggermente socchiusi, non scendeva soltanto la sua saliva.