lunedì 14 maggio 2012

Chissà fino a quando - parte II


Ormai erano passati alcuni mesi da quell’incontro così particolare e clandestino. La brava mammina in bicicletta.
Ci ripensavo tra un misto di divertimento per la situazione grottesca e l’eccitazione del momento; con tutto quello che c’eravamo promesso sia al cellulare sia quella volta che dal vivo ci siamo presi contro quel muro e le sussurravo le peggio cose mentre la frugavo dappertutto.
Poi pochi giorni dopo quello strano ed eccitante incontro mi contattò e mi disse che quel suo povero marito  le aveva scoperto un cellulare che non conosceva, con una rubrica piena di nomi maschili.
Quindi, dopo avergli detto che era solo una cosa da nulla, senza importanza, gli aveva promesso di gettarlo via. Insomma voleva fare la brava ragazza.
Però la natura è quella che è e difatti passato un po’ di tempo la incontrai per caso in strada, una sera d’estate: qualche sorriso malizioso, poche parole e la promessa di rivederci. Sapevamo per cosa.
Le lasciai nuovamente il numero di cellulare e lei mi diede il suo nuovo numero.
Alcuni sms e il giorno dopo, verso le 18, poco dopo essere rientrato a casa dall’ufficio, ecco suonare il campanello. Era lei, come promesso.
Questa volta volevo finire dove avevo lasciato e anche lei ne a quanto pare, passato il periodo di penitenza, ne era convinta.
Le aprii la porta. Vestita con un abitino leggero e corto che faceva ben vedere le sue forme abbondanti, entrò velocemente e con un sorriso ampio ed estremamente malizioso.
Ci guardammo un attimo negli occhi. Solo un attimo. E poi la presi con forza stringendola a me e baciandola sulla bocca, frugandole dentro con la lingua. La premevo con forza e lei faceva lo stesso, con le mani che iniziavano subito a toccarmi la patta sopra i miei jeans leggeri.
C’è poco da aggiungere: avevamo urgenza di scopare ed evitai i miei consueti preliminari, fatti di leccata di seni, di capezzoli, di fica.
Il tempo di baciarci furiosamente, di strusciarci con forza per un lungo minuto e poi pensai bene di andare oltre.
Lì nell’andito, dove avevamo subito iniziato a fare sesso, c’era un tavolo.
La presi di peso fino quasi a sbatterla lì contro.
Le dissi: - ora girati e allarga le gambe! – mentre le alzavo la gonna e le abbassavo velocemente gli slip.
Le misi la mano destra sulla testa e la feci chinare contro il tavolo, con il bacino appoggiato, mentre le allargavo le gambe aiutandomi con le mie.
Sapevo che amava le parole forti, che la trattassi per quella grandissima troia che era.
Non ebbi remore a dirlo: - Ora stai ferma e fatti inculare!
Lei: - dai fallo, fai presto.
Ora lei era riversa contro quel tavolo, china, con la gonna alzata, gli slip abbassati, col buco del culo roseo tutto scoperto davanti a me.
Il tempo di aprirmi la patta dei pantaloni e liberare quel mio cazzo diventato ormai di marmo che appoggiai veloce la cappella sul suo buchino. Un attimo e iniziai a spingere. Prima in maniera continua, tanto da sentire la mia asta pulsante sempre più avvolta e  sempre più stretta dalla sua carne, e poi iniziando a spingere più forte assestando colpi regolari. Forti.Come voler arrivare fino in fondo, in fondo al buco del suo culo.
Ansimava e forse sentiva dolore ma mi diceva: - continua porco, sfondami.
Io mentre la inculavo e tentavo di toccarle i seni e dappertutto, tenendole la testa china contro il tavola, la trattavo da troia quasi urlando.
L’idea di venirle nel culo mi prendeva moltissimo ma tutto quel suo voler essere trattata da troia mi fece tornare la voglia di farle una maschera di sborra. Di farla sentire, con lo schizzarle in faccia, ancor più troia. Quella che voleva essere.
Avevo il cazzo completamente avvolto dal suo ano, dal suo buchino stretto. Un attrito che mi stava facendo venire forse prima di quanto volessi.
E ora sapevo cosa fare.
Appena sentii l’urgenza di sborrare, feci uno sforzo su di me, mi fermai un attimo, tolsi il cazzo da quel buco di carne, la presi per i capelli e la costrinsi ad inginocchiarsi davanti a me.
Fu un attimo, pochi secondi.
Là accanto al tavolo dove la stavo inculando, appena ebbi il suo viso davanti, con una mano nei suoi capelli e l’altra che teneva il cazzo duro e pulsante, sentii partire i miei schizzi brucianti di sborra.
Avevo evidentemente un bel po’ di arretrato perché i fiotti di sborra furono abbondanti e la colpirono in pieno viso. Completamente, mentre stava ad aspettare ad occhi socchiusi.
Fu un’immensa gratificazione vedere quella mammina, una mammina tanto birichina, con quel suo bel viso pieno del mio sperma.
Sicuramente non finiva lì….