venerdì 10 febbraio 2012

Chissà fino a quando

Squillò il cellulare proprio dopo essere uscito dall’ufficio.

Erano poche settimane che lavoravo in quella città di provincia e l’idea di concretizzare dal vivo qualche conoscenza avvenuta prima online, sulla mitica C6, proprio non mi dispiaceva.

Avevo già sentito al telefono quella signora molto disinvolta e tra poco l’avrei vista per un veloce salutino.

Situazione forse ridicola, ma di certo niente di programmato o di glamour: io uscito da una faticosa giornata lavorativa, lei, da brava casalinga, a fare la spesa presso l’Ipercoop della città, proprio vicino al mio ufficio.

Insomma l’occasione per un “ciao” , soddisfare una curiosità e poco altro.

La vidi arrivare in bicicletta, con appresso una sporta della spesa.

Lei una signora sposata, con due bimbi piccoli, maestra, un po’ corpulenta, un bel viso, sui 40 anni, di certo in un contesto che meno sexy non si può.

Gli incontri di chat sono motivati, almeno per come li ho vissuti io, spesso dalla mera curiosità e il sesso o la scopata in fondo sono una variabile neppure troppo scontata; neppure quando in precedenza, nel mondo “virtuale”, i contatti sono stati disinvolti e hot.

Contesti diversi e concretezza, oltre che la consapevolezza che altrimenti si rischia di apparire dei gran sbruffoni.

Tant’è è indubbio che incontrare una persona che si sa essere disinvolta e forse predisposta, almeno nei tuoi confronti, un che di attizzamento te lo provoca.

Anche se in versione casalinga con tanto di sporta della spesa e bicicletta.

Io, accostandomi con la mia mountan bike alla sua bicicletta da donna, e sorridendole:

- “Ciao finalmente ti vedo”.

Lei: - “Eh si finalmente davvero, mi fa piacere vederti. Dare un volto a una voce è sempre interessante”.

Io: - “ma tu hai già fatto incontri con persone conosciute su C6?”

Lei: - “Oh si” (e qui mi sorride maliziosa).

Io: - “Ma senti senti. Per caso doppia vita?”

Lei: “da sempre.”

Io: “parte oscura?”

Lei: “sempre avuta”.

Io: “quasi quasi ti vorrei dare un bacino” (ironico).

E qui si fa seria, improvvisamente, dopo appena due minuti di conversazione.

Lei: - “andiamo dai”.

Mi lascia quasi basito: una sola mia frase maliziosa, ironica e a quanto pare presa molto seriamente.

Si gira, prende la bicicletta e si dirige presso alcuni palazzi vicini all’Ipercoop, un po’ isolati.

La seguo, non so bene se più curioso o perplesso.

Scende, accosta la bicicletta sul muro e mi indica una rampa di scale.

Saliamo, non c’è anima viva (pieno agosto).

E qui la perplessità va via del tutto: l’afferro per i fianchi, la giro e la spingo contro il muro, mentre lei mi sorride con la bocca un po’ dischiusa.

Lei: - “e ora che vuoi fare?”.

Io: - “Ora lo vedi”.

Le ficco la lingua in bocca e inizio a toccarla dappertutto, sui seni sodi, sul culo, stropicciando quel suo leggero vestitino mentre intanto le faccio sentire come mi è diventato duro spingendolo contro di lei.

Mi guardo ogni tanto intorno per timore che qualcuno ci veda e intanto, alzandole la gonna, le infilo le dita negli slip: fradicia.

Intanto la signora, lì contro il muro, ansima leggermente e mi fruga nella patta dei pantaloni.

Io, a denti stretti: - “ti faccio di tutto e lo sai. Ti voglio scopare”.

Lei: - “gran porco che sei. Lo faremo”.

Io, appena dopo aver liberato dalla patta dei pantaloni quel mio cazzo duro e pulsante: - “poi ti sborro in faccia, gran troia che sei”.

Lei, seria e poi all’improvviso quasi ridendo: - “si lo farai”.

Insomma, lì contro quel muro ci siamo baciati, toccati, e alla fine, con la sua mano che mi faceva su e giù col mio cazzo, stringendolo alla base e poi arrivando a toccare la cappella, mi liberai di tutto quello sperma che mi sentivo ormai pulsare dentro.

Schizzi di bianca sborra le sporcarono la mano e un po’quel vestitino chiaro che avevo tanto stropicciato pieno di voglia.

Ansimanti siamo rimasti lì contro quel muro per qualche secondo e poi furtivi ci siamo guardati intorno mentre io mi tiravo su la cerniera dei pantaloni e lei si ricomponeva e si puliva alla meno peggio dagli schizzi di sperma.

Silenziosi, con le nostre labbra increspate da un sorrisino, abbiamo sceso le scale di quell’appartamento ancora deserto e siamo tornati velocemente alle nostre bici.

La guardo negli occhi e le sussurro piano: - “Allora risentiamoci presto”.

Lei si china all’improvviso e mi dà un veloce bacino sulla patta dei pantaloni : - “Ora devo scappare a casa ma mandami subito un sms e ci risentiamo anche tra pochissimo”.

Sale sulla bici e via a casa a fare la brava mammina.

Chissà per quanto.

sabato 4 febbraio 2012

La chat, il telefono e poi......(parte IV)


Ero lì accanto a lei, esausto dopo due violente eiaculazioni; ma ancora una volta il vederla in viso tutta imbrattata, con i segni del nostro piacere, mi diede energia per continuare a farlo.

Era sicuramente la situazione, il fatto, magari pure strumentale, di alimentare la voglia con questa sorta di feticismo dello sperma (vederla grondante sborra), che quella volta sono stato capace di ricominciare, per la terza volta, dopo pochi minuti.

E nell’occasione, con la mente tutta rivolta al suo culo – non so nemmeno come mai visto che era la parte di lei meno attraente, un po’sovrabbondante - il mio strumento di piacere doveva essere ben duro per poterla penetrare e per superare le strettoie di quel buchino di carne.

Ancora con le mani sul suo seno imbrattato di sperma, quasi nel volerle fare un massaggio con la crema, uno sguardo insistito al suo viso ansimante e con la bocca sporca di bianca sborra, e poi le intimai di girarsi.

Lei lo fece e velocemente, senza dire nulla, soltanto annuendo seria verso di me; e con le mani le allargai prima le cosce e poi le natiche per poi scoprire del tutto il suo ano tutto roseo.

Mi avvicinai e ci sputai sopra due volte.

Poi ancora con un tono di voce perentorio le dissi di stare ferma che l’avrei inculata.

Le dissi proprio così, quasi freddamente ma con la voce che mi tremava un po’, avvicinandomi al suo orecchio destro mentre mi appoggiavo pesantemente alla sua schiena:

- Adesso devi fare ancora la mia troia. Stai ferma che ti inculo. Te lo ficco fino in fondo al buco del culo.

Lei rimase un attimo zitta e poi disse quasi con tono impercettibile:

- Fallo.

Poi con la mano presi il mio cazzo, al quale avevo infilato nuovamente un preservativo alla meno peggio, e lo appoggiai a quel buchino dilatato sul quale pochi secondi prima avevo sputato la mia saliva.

Iniziai a premere prima piano e poi sempre con più forza.

Sentivo come cedeva sua carne morbida e intanto il mio cazzo veniva avvolto stretto da altrettanta carne.

Non potevo guardarla in faccia ma sentivo che stava ansimando più forte di prima rispetto alle altre due volte che l’avevamo fatto.

Non credo fosse vero dolore, o se lo era sicuramente capivo che era misto ad una gran voglia.

Una volta che il suo culo fece sparire dentro di lei gran parte della mia asta ancora dura e pulsante, smisi di spingere in maniera uniforme come semplicemente per infilarlo e iniziai a scoparla.

A scoparle il culo, mentre da dietro, pur nella scomodità della situazione, un po’ la tenevo per i fianchi e un po’ strizzavo i seni e le toccavo la fica fradicia infilandole anche le mie dita.

Me lo sentivo tutto avvolto, premuto e nello scoparla in quel canale stretto quasi sentivo male tanto era lo strofinare del mio cazzo dentro di lei.

La scopavo e intanto potevo dirle di tutto al suo orecchio.

Quelle frasi pesanti mi venivano spontanee tanto più che avvicinandomi alla sua testa sentivo il suo ansimare e lei che, con voce flebile rispetto i suoi rantoli di piacere, mi diceva:

- Inculami porco. Spaccami. Sono la tua troia.

Ancora una volta dopo alcuni minuti di questo violento sesso anale iniziai a sentire gli stimoli dell’eiaculazione.

Non volevo sborrare nel preservativo, non volevo privarla e privarmi del piacere di regalarle gli ultimi residui del mio sperma.

Quasi facendo uno sforzo di volontà le sfilai velocemente il mio cazzo dal suo buchino stretto contemporaneamente sfilando quel sempre fastidioso palloncino di lattice, lo presi in mano e la girai verso di me tentando di non venire proprio in quel momento.

Appena la vidi in viso ancora non del tutto girata verso di me, mi partirono gli schizzi.

Schizzi quasi brucianti ad ogni loro uscita dal mio cazzo, che la colpirono ancora una volta tra viso, bocca e seni.

Pochi secondi intensissimi, dopo i quali crollammo l’uno accanto all’altra.