giovedì 17 novembre 2011

La chat, il telefono e poi...... (parte III)

Tutto quel succhiare e poi quella violenta eiaculazione avevano rallentato un attimo il mio impeto verso di lei.

Giusto il tempo di riprendere fiato.

Ma era come mi immaginavo: con le tracce evidenti del mio piacere su di lei, come fosse l’effetto di una mia dominazione (forse era questa cosa tutta mentale che amplificava il desiderio) non mi permisero di stare fermo per molto.

Era giusto ricambiare, non fosse altro che la mia eccitazione con una donna aveva un senso soltanto nel vederla eccitata e partecipe.

Nel frattempo, avendo capito cosa le avrei fatto ora che non si trattava soltanto di usare la sua bocca, si era affrettata a togliersi i vestiti facendomi vedere quei suoi due grandi seni, sodi e con i capezzoli in erezione.

Mi avvicinai a lei, velocemente le misi la mia bocca sulla sua, le introdussi dentro la mia lingua cercando la sua; e contemporaneamente iniziai a toccarla dappertutto soffermandomi sui seni e sotto massaggiando il suo clitoride gonfio e infilando le mia dita nella sua fica fradicia.

Scesi con la bocca e iniziai a succhiarle i seni e i capezzoli, mentre le stava ansimando a occhi semi chiusi.

“Adesso lo faccio io a te” – le dissi con voce forte all’orecchio.

Quindi, dopo essere tornato un attimo a succhiarle i seni, mi staccai da lei e, con tutte le difficoltà dello stare in un’auto e quasi al buio, le presi le gambe e le allargai davanti a me con decisione.

- “Ora stai ferma”.

Davanti a me con la fica dischiusa, non ebbi alcuna esitazione e avvicinai la bocca mentre intanto con le mani le allargavo ancora le labbra fradice di piacere.

Iniziai a leccarla e poi a succhiare intensamente quella fica tutta bagnata di liquido acre ma tutt’altro che sgradevole.

Mentre avevo la bocca e la lingua affondata tra le sue cosce e sul suo sesso pulsante e grondante umori bagnati la sentivo respirare forte, quasi con difficoltà.

Poi mi fermai, non volevo che venisse solo col sesso orale.

Con le mani tremanti e impazienti presi dalla tasca dei pantaloni, che al momento erano soltanto abbassati, uno dei preservativi che mi ero portato dietro, immaginando bene cosa sarebbe successo.

Come spesso accade non fu proprio facilissimo infilarsi quei cosi di gomma mentre l’urgenza ti chiedeva di fare altro.

Tant’è una volta avvolto il mio cazzo ormai nuovamente pulsante in quella fine pellicola artificiale, mi alzai leggermente prendendolo in mano e orientandolo dove poco prima stavo leccando.

Un colpo secco e fui dentro di lei.

Da parte sua un gemito soffocato e poi un respiro ancora più affannoso; mentre io sentendomi stretto da quella carne stretta e che, nonostante il preservativo, sentivo essere fradicia, non pensai altro che affondare il più possibile dentro di lei e spingere e spingere e spingere…..

-“Ora girati”.

Quando le dissi così ancora non sapevo se incularla oppure prenderla semplicemente da dietro.

Le chiesi mentre si stava voltando veloce contro il sedile: “Vuoi che te lo metta nel culo?”

-“Non lo so, per ora continua a sbattermi così”, mi rispose con voce rauca e quasi impercettibile.

Ora avevo davanti quel suo culo un po’ grosso; la voglia di violare il suo buchino c’era ma prendendolo ancora in mano lo appoggiai alla fessura della fica e lo infilai con forza continuando a scoparla così, da dietro.

In quella posizione, quasi appoggiato alla sua schiena, mentre la penetravo ritmicamente su e giù, intanto con le mani le frugavo i seni e sotto la masturbavo.

Ora sentivo di essere vicino a venire nuovamente.

Mi avvicinai di più al suo orecchio e nello stesso tempo iniziai a scoparla ancora più forte: “tra poco sborro, ti prego mettiti davanti a me subito”.

Mi obbedì, mentre si girava velocemente, io altrettanto velocemente tentai di liberarmi di quell’involucro di gomma e non feci in tempo a sfilarlo del tutto che esplosi il mio piacere prima un po’ fuori bersaglio e poi, grazie alla mia mano sinistra, nel prenderla per la testa, proprio dentro la sua bocca.

Mentre venivo nella sua bocca e sentivo gli schizzi riempirla, era come se continuassi a scoparla, continuando a muovere in bacino per farle entrare il cazzo tutto dentro di lei.

Una volta esauriti gli schizzi, pur dando uno sguardo alla sua bocca che grondava liquido biancastro e le colava sui seni, mi riversai esausto accanto a lei.

Ancora una volta un attimo senza forze che nel guardarla, forse con aspetto ancor più strapazzato di quando le ero semplicemente venuto in faccia, mi chiesi se non fosse il caso di ricominciare.

In fondo quel suo buchino stretto era lì, pronto ad essere violato. [….]

mercoledì 28 settembre 2011

La chat, il telefono e poi...... (parte II)

Finalmente l’avevo davanti a me; e con mio grande piacere vidi questa ragazzona un po’ in carne proprio come mi era apparsa in foto.

Non sempre quello che viene inviato da conoscenze “virtuali” risponde alla verità dei fatti, ma questa volta lei era proprio come me l’ero immaginata: bel viso, grandi seni, un fare subito quasi timido con un sommesso “ciao”.

Timida però fino ad un certo punto.

Vista all’uscita della piccola stazione, ormai deserta e subito dopo il ciao le dissi: “andiamo”?

Lei: “si certo, quella è la mia auto, andiamo”.

Io mi avvicinai con molta naturalezza e le baciai delicatamente le labbra.

Forse un po’ sorpresa: “Di già?”.

“Ma certo” – le replicai con un sorriso.

Da parte mia fu una cosa del tutto spontanea, mentre lei a quanto pare, al di là della prima impressione timida, qualcosa aveva pianificato.

Proprio per concretizzare quello che fino a quel momento c’eravamo detti solo al telefono.

Entrammo in auto e le dissi, come terza frase della serata: “dove mi porti”?

Si voltò appena e con un lieve sorriso mi rispose: “ora lo vedrai”.

Tempo 3 minuti di auto e entrò in una specie di parcheggio vicino al mare, tutto molto buio.

Silenzio estremo e poche luci. Nessuno in vista.

Fermo l’auto, poi si voltò verso di me e: “adesso tocca a me”.

Io quasi impassibile: “si dai datti da fare”.

Lei si slacciò la cintura di sicurezza mentre io, con una certa impazienza mi tiravo giù la lampo dei pantaloni e già in erezione le feci vedere come il mio cazzo usciva dai boxer messi per l’occasione.

Si chinò con la testa, spostandosi con studiata calma i capelli, e iniziò.

Affondò tutta quella sua bella bocca, e dopo avermi leccato quella cappella rosea di circonciso che le avevo così ben descritto, lo prese tutto fino in gola. Veloce, esperta, senza alcuna esitazione.

Iniziò a succhiare con forza e nello stesso tempo con la lingua che mi avvolgeva tutta l’asta.

Succhiava e avvolgeva, mentre le chiedevo con voce quasi rabbiosa che mi facesse sentire ancora più saliva.

Era bravissima a succhiare, aveva avuto ragione nel definirsi una gran pompinara e avevo avuto ragione io a fidarmi della sua promessa di un gran pompino.

Sentivo il mio cazzo pulsante tutto avvolto dalla sua lingua mentre con la testa faceva velocemente su e giù: proprio come se mi stesse scopando la sua bocca.

Le dicevo: “dai continua, succhia, succhia”.

Intanto si era tolta qualcosa di dosso ed era rimasta con un reggiseno nero che mostrava questi suoi gran seni, quelli che da lì a breve avrei voluto succhiare.

“Ale, ti prego continua, tra non molto mi sento venire. Sai cosa fare. Dai succhia….Ci sono, aspettami”.

In quel momento si staccò all’improvviso dal mio cazzo pulsante, che avevo immediatamente preso in mano e orientato verso il suo viso, pur in quell’oscurità che non permetteva di vedere più tanto.

Lei, con una voce un po’ incerta e con un respiro affannoso “Dai fallo”.

Io: “Si stai ferma, ferma con la testa”.

Lei stava lì immobile con gli occhi semichiusi, la bocca aperta e la lingua appena di fuori, ma senza per questo apparire ridicola. Così era solo eccitante, nel saperla ferma, quasi immobile, sottomessa in attesa dei miei schizzi di caldo sperma.

Stavo venendo, le afferrai i capelli e le dissi ancora: “ferma, stai ferma”.

Esplosi non so quanti schizzi di sborra, inevitabilmente abbondanti dopo tutto quel suo succhiare: Anche se c’era poca luce vidi chiaramente – fu un attimo - i fiotti di sperma colpirle la faccia ed entrarle in bocca sulla lingua.

Lei chiuse subito la bocca e ingoiò, e poi rimase ferma di fronte a me per qualche istante.

Appagato la pregai di non pulirsi subito: “stai ancora ferma un po’, lasciati vedere come sei”.

Al che si mise a ridere: “Con questo buio ti ci vorrebbe un faretto”.

Aveva capito che vederla ingoiare quel mio sperma così tanto apprezzato per il suo sapore e poi con quel viso imbrattato fin dalla fronte e gocciolante al collo, era il migliore afrodisiaco per ricominciare quanto prima e poter ricambiare quel suo gran bel lavoro di bocca.

Magari prima con la mia lingua e poi ancora quel cazzo che fino ad ora aveva succhiato senza fermarsi mai.

(continua)

domenica 25 settembre 2011

AAA cercasi amante


Ma... se una donna mettesse un annuncio per cercare un amante? una cosa sul genere
"donna sposata cerca un amico speciale per condividere complicità ed emozioni insieme? niente avventure di una botta e via, vivo solo le storie che vale la pena di vivere e il resto lo lascio alla storia..."
voi cosa fareste?
Lo so, sono un'autolesionista e visto che il mio amico lupesco è decisamente fuori dal mio raggio per potermi essere vicino (cosa che gli piacerebbe molto, credo) quando sono in cerca di...di cosa poi? di sesso? andiamo, il sesso si rimedia... se è quello che si cerca si trova... ma non tutto il sesso, alla mia età e con la mia testa, è degno di essere chiamato in questo modo. La botta e via non fa la botta. Il via invece lascia molto amaro.
Cosa cerco? Nulla. Io non cerco nulla, ma se trovo, o se trovassi qualcosa che vale la pena di essere vissuta forse forse...
Il problema è trovarla.. Più si invecchia e più si è esigenti, non basta il toro imbestialito nelle mutande, che anzi mi fa sorridere alquanto, è la testa quella che deve eccitarmi... possibile che gli uomini non lo capiscano? che non sappiano innescare quella curiosità, quel coinvolgimento che poi potrà anche soddisfare il toro nelle mutande (toro... poi...ma sempre alla testa si torna...)
Credo che andrò a fare un giro in un sexyshop alla ricerca di qualche amico tascabile sempre pronto a intervenire, la mia testa può anche fare per due, il toro forse forse si può anche delegare... ma la mente erotica, esiste ancora?
Se ci sei batti un colpo, e non mi dire che hai un toro nelle mutande, please....

domenica 24 luglio 2011

La chat, il telefono e poi...... (parte I)

Anni di chat, di serate passate a cazzeggiare su un noto portale, non sono passati invano.

Incontri dal vivo, conoscenze più o meno profonde, insomma tutto quello che capita normalmente dalle parti di chi chatta e non disdegna di approfondire con l’altro sesso.

E a volte questi incontri diventano tali da non dimenticarsene più, non soltanto per questioni sentimentali ma anche dal lato più prosaico del sesso duro e puro.

Ormai sono due anni che non mi dedico con continuità a questo “passatempo” ma ricordo sempre con gran piacere, ed eccitazione, proprio l’ultimo incontro dal vivo nato da una chattata di appena due settimane prima.

Stavo per chiudere quando sul monitor mi appare un nick femminile che risultava di un paese vicino al luogo nel quale mi trovavo per lavoro.

Era appena un anno che abitavo in quella città di provincia, le conoscenze erano scarse e sicuramente mi poteva far piacere di costruire delle nuove amicizie.

Però il quel caso parlare di amicizia è un può fuorviante.

Sesso fu da subito e senza alcun equivoco.

Mi rivolsi subito con un banalissimo “ciao” e da qui le altrettante consuete presentazioni.

A breve giro di posta uno scambio foto e da lì un interesse reciproco decisamente lievitato

La ragazza ritratta in foto mi appariva un po’ in carne, con un bel viso sorridente, più giovane di me almeno di 15 anni; e non nego che da subito mi siano scattate delle fantasie molto “oral”.

Da parte sua, dopo aver ammesso che la sua condizione di single la stava facendo un po’ soffrire per la mancanza di vero sesso (“mi masturbo ma non mi basta”), si mostrò particolarmente contenta dopo aver visto la foto che le avevo mandato.

Tanto che mi confessò candidamente come si volesse togliere lo sfizio di “farsi un uomo maturo sui 40”.

Al che mi candidai senza problemi e da lì al momento del nostro incontro dal vivo le nostre chattate serali diventarono piene di allusioni, provocazioni da parte mia e sua, confessioni di cosa ci poteva piacere e cosa avremmo voluto fare.

E poi la prima telefonata.

“Dai almeno sentiamoci e ci salutiamo. In attesa di farlo dal vivo. Ci stai?”.

Viste le premesse però era intuibile che non ci saremmo limitati ad un semplice ciao:

“- Finalmente sento la tua voce. Te l’ho detto che oltre ad essere un lupetto goloso e sensibile al fascino femminile sono anche molto curioso. Ti avrei sentito volentieri al di là di tutti i nostri discorsi sul sesso.

- Si L. sono curiosa anche io e devo dire che la tua voce scura corrisponde in pieno alle mie aspettative. Non mi avevi detto bugie.

- Mi pare di capirlo dal tuo respiro. Sbaglio o è un po’ affannoso. Come mai?

- Ma senti senti che furbo che sei. E pure intuitivo. Effettivamente la tua voce mi fa effetto. E’ molto bella.

- Anche la tua, molto femminile. Lo sto notando ora. Ho sempre questo strano rigonfiamento nei pantaloni quando chatto con te ed a ora al cellulare sembra essere ancora più duro. Come mai?

- Non ti smentisci. Sei proprio un gran porco. E io voglio essere la tua troia.

- Cosa stai facendo A., dimmelo.

- Lo sai, mi sto toccando e penso a te, a cosa mi vuoi fare. Sono fradicia.

- Ti meriti il mio cazzo A., di essere scopata in ogni buco. Lo vuoi?

- L. ti voglio vedere e poi scoparti. Lo so cosa ti piace. Te lo succhierei fino a farti esplodere sulla mia faccia e nella mia bocca.

- Questo mio cazzo duro te lo ficco dappertutto, nella fica, nel culo, in bocca. Voglio leccarti la fica.

Voglio farti una maschera di sborra. Vengo da te e ti tratto come una troia

- Ti prego continua. Continua. Si sborrami in faccia, sono la tua puttana. Sborrami in faccia…[…] Sto per venire….”

Da lì a poco un reciproco orgasmo, nato da una conversazione poi nemmeno troppo virtuale.

Le nostre voci avevano veramente poco di virtuale e molto di reale. Come i nostri orgasmi.

La mia nuova amica aveva le idee chiare.

Voleva togliersi appunto questo sfizio di farsi finalmente un uomo più grande di lei e poi voleva dimostrarmi come ci sapeva fare di bocca: “ti farò il migliore pompino della tua vita”.

Passarono alcuni giorni e, dopo una fitta serie di sms, arrivò la sera adatta per rendere la nostra conoscenza del tutto reale e non più virtuale: dopo il lavoro una doccia, treno, appena quindici minuti di viaggio e finalmente alla stazione dove mi aspettava.

lunedì 18 luglio 2011

Il potere del non volere...

Serata con un amico. Non un amico, il mio amico. Amico lo è davvero, abbiamo un rapporto speciale, siamo vicini, io sento il suo sentire e lui il mio. Ma le cose non sono facili. Tant'è che ci eravamo allontanati, non come amici, ma come amanti. Un allontanamento mai dichiarato, da lui neanche percepito, perchè in fondo quello che vuole è sapere di avermi, non avermi realmente.
Sapere che non sono di altri, forse. Ma se io non posso essere sua, il mio autolesionismo stessa mi porta a cercare altro...
Un autolesionismo che, comunque, non mi ferisce come i suoi silenzi e le sue inquietudini. Pesanti e dolorose come le mie.
Anime in pena...
Non sempre.
Serata con un amico, dicevo, l'occasione era particolare, ci trovavamo fuori città, era l'ora di cena e decidiamo di trattenerci a mangiare. Io oramai con lui non ci provavo neanche più, ogni mio tentativo sarebbe risultato un goffo avvicinamento, meglio fare l'amica e basta e non fargli capire che potevo essere ancora sua, che in fondo lo volevo, che dentro ancora lo ero.
Però non eravamo soli. Una telefonata ad un suo amico, conoscente di vista anche mio, ci rende in tre, e così in tre andiamo a cena in questo ristorante, e iniziamo a parlare del più e del meno.
L'amico è furbo. Più furbo del mio amico. Sarà che ha 50 anni e non 35, sarà che è sposato e non singles, sarà che io gli piaccio pure un po' e i discorsi diventano confidenziali. Si crea un bel feeling...Chiamiamolo... D.
Parlavamo di tatuaggi e mi chiede se ho mai visto il tatuaggio del mio amico. Mi irrigidisco. Per quanto confidenziali ancora non erano stati rivelatori, io in fondo sono e resto una donna sposata che per motivi di lavoro si è trovata in una cena con un collega...
Chissà forse questo mio ritrarmi, in un certo senso, lo stimola, e ad un certo punto della cena, scherzando forse su un gamberetto o un pezzo di tonno, non ricordo bene, il mio amico inaspettatamente mi dice che si, me l'avrebbe fatto assaggiare ma solo se avessi avuto il coraggio di baciarlo ora, davanti a tutti, nel ristorante.
Io non mi tiro indietro, le sfide mi piacciono, allora mi alzo e lo bacio. E questo apre un qualcosa... Capisco anche io che è la presenza di D. ad avere su di lui un effetto particolare. Un po' come il cane che vuole segnare il territorio... Ma decido di giocare ugualmente...
A parte la reazione di stupore iniziale, la cena continua con argomenti sempre più piccanti e interessanti. Si parla di privè, di percorsi, di come dovrebbero essere certi locali e io da donna provo a dire la mia. Non ci sono mai stata, non è questo il discorso. Sono proiezioni mentali, niente di concreto.
Dopo la cena ci concediamo una birra e quà scatta qualcosa in più...
Il mio amico va al bagno e parlando con D. che comunque mi è simpatico e mi ispira fiducia gli dico che se mai vorremo un terzo sarà lui. E' un discorso lungo, ma il mio amico capirà, un discorso già affrontato. Quando il mio amico torna dal bagno glielo dico, sorridente e scherzando, ma sa che non scherzo. Le mie provocazioni riescono a sfiorare il suo egoismo maschile e qualcosa in lui vacilla. Anche D. lo capisce e quando, per continuare il mio gioco, lo guardo come una gatta morta e gli chiedo se mi inviterebbe a cena... risponde che in tre, anche tutta la vita, ma non avrebbe mai fatto un torto a lui. Continuo a scherzare, e ad una reazione del mio amico gli chiedo "a ma allora sei innamorato, carino..." e lui mi risponde che sarebbe anche disposto a farsi carico del mio carico famigliare, cane incluso, se io volessi..."
Certe cose me le porterò dentro per sempre, questa è una di quelle.
La serata termina così, tra parole, confidenze, battute, ammiccamenti, e ci ritroviamo, soli, io e il mio amico, nel cuore della notte in una strada a noi conosciuta. Siamo praticamente di fronte al posto di lavoro. Ci baciamo, si avvicina e per un attimo lo riesco ad afferrare. Non so quando mi capiterà di nuovo questa occasione... e mi chiede cosa voglio io... viverci, rispondo, senza pretendere troppo, senza più di quello che posso darti, viverci sarebbe tanto, sarebbe bello, sarebbe tutto... sembra quasi fatta, ma con lui non lo è mai... e lo so, oramai lo so...
In quell'attimo in cui riesco ad afferrarlo, tra l'altro, anche il duro dominatore cede e... con il cavolo che ti condividerei a te! Anche questo me lo porterò dentro per tutta la vita, bugia o verità non lo so, gioco o finzione, le relazioni sono cose strane... Certo è che non si è rimangiato una parola di quanto detto quella notte ma quando oggi gli ho detto dai vediamoci, ti voglio... non l'ho avuto. E' stato da solo con i suoi pensieri, le sue inquietudini, a studiare forse il modo per esasperare le mie...

E l'unico modo che ho per difendermi è fingere di dimenticarlo.... anche se non è giusto, anche se non è corretto, è l'unico modo che conosco...

venerdì 8 luglio 2011

"After i go..."



Un anno di naia, in quel lontano 1995, era stato veramente pesante: marce, disagi, la famiglia lontana, la mancanza di Silvia, quella ragazza che al tempo mi “sollazzava”.
Già...Silvia. Ci avevo pensato sempre in quei mesi del cavolo: mi mancava il suo corpo, quelle gran scopate che mi facevo con lei. Ancora due ora di treno e sarei stato con lei.
Mi sentivo già arrapato al solo pensiero. Ero – come dire – predisposto ….
Era ormai sera e salii sul quel treno che mi avrebbe portato a Pisa già con l’idea della serata: avevo il membro duro che pulsava sotto i pantaloni slargati. Forse non era stata una buona idea mettersi anche i boxer. Con quei pantaloni si vedeva il rigonfiamento.
Pazienza: ancora due ore e avrei chiesto a Silvia che ci pensasse lei ad abbassare quel turgore.
Subito, con bocca e mani.
Il treno era giunto alla stazione finalmente ed entro 5 minuti sarebbe partito.
Stranamente non era molto pieno: potevo scegliere una volta tanto dove sedermi.
Scelsi un posto a caso, il primo che mi capitò.
Mi misi comodo e poi diedi un occhio a chi mi stava davanti: era una giovanissima ragazza orientale, presumibilmente giapponese.
Era settembre e faceva ancora caldo. L’abbigliamento della giovane turista era ancora estivo: camicetta leggerissima, bianca, pantacollant neri, aderenti, sandaletti che lasciavano intravedere le dita dei piedi. Piccolina, aveva un viso molto grazioso, delicato, regolare.
Nel vagone c’era poca gente; soltanto a lato davanti una anziana signora che sonnecchiava.
Il treno partì. La giapponesina era lì davanti.
Iniziai a fissarla. Era veramente carina. E sola.
Sarà stato l’arrapamento, il desiderio di provocare, ma mi venne l’idea di fare come talvolta usavo stimolare la mia Silvia. Un leggero piedino per saggiare la disponibilità di lei
Avvicinai il piede alla gamba della ragazzina e delicatamente sfiorai il suo polpaccio.
Non mi aspettavo una reazione così repentina: la giapponesina facendo finta di nulla, con lo sguardo perso nel vuoto, cominciò a premere la gamba sul mio piede. Il suo viso era diventato rosso e premeva sempre più.
Diedi un occhio alle altre persone intorno: tutte sonnecchiavano, sembravano non accorgersi di nulla.
La cosa andò avanti per un po’. Mi sentivo come paralizzato in quella posizione.
Sentivo premere quella sua piccola gamba delicata e lei, col volto ormai viola, ogni tanto girava la testa e per un microsecondo mi guardava negli occhi.
L’eccitazione e la voglia cresceva e non mi non bastava: volevo sentire di più.
Lentamente sfilai la scarpa per accarezzarla meglio e lei subito capì la sua manovra.
Fu un attimo: la ragazzina sembrò impazzire.
Iniziò a premere fortissimo la gamba, la iniziò a strusciare violentemente contro di lui, tremando tutta.
Continuai, mi sfilai completamente la scarpa e veloce misi il piede fra le sue gambe per accarezzarla lì in mezzo, sulla fica.
Lei spinse il bacino contro il piede e strinse forte.
Stava spingendo fortissimo il suo piede contro la piccola fica della giapponesina.
Il mio cazzo era diventato enorme, mi pulsava violentemente nei pantaloni.
Presi il giornale e lo misi sulle gambe come per leggere.
Levai improvvisamente il piede, mi piazzai a sedere diritto davanti a lei, più vicino; e allungai la mano fra le sue gambe, col giornale che parzialmente li copriva.
Sotto le pagine del quotidiano la mia mano aveva iniziato a massaggiare violentemente i pantacollant sopra la biforcazione delle cosce, sulla fica.
Lei spinse il bacino contro il piede e strinse forte.
Stava spingendo fortissimo il suo piede contro la piccola fica della giapponesina.
Il mio cazzo era diventato enorme, mi pulsava violentemente nei pantaloni.
Presi il giornale e lo misi sulle gambe come per leggere.
Levai improvvisamente il piede, mi piazzai a sedere diritto davanti a lei, più vicino; e allungai la mano fra le sue gambe, col giornale che parzialmente li copriva.
Sotto le pagine del quotidiano la mia mano aveva iniziato a massaggiare violentemente i pantacollant sopra la biforcazione delle cosce, sulla fica.
Era fradicia:stava con gli occhi socchiusi come inebetita, il respiro grosso, e premeva con forza la gamba sinistra contro la mia.
Azzardai: “In bathroom?”.
Non rispose; continuai a toccarla.
Poi fu lei a prendere l’iniziativa…………
Prese la sua borsa e se la mise sulle gambe di modo che potessi continuare a toccarle la fica fradicia.
Il mio cazzo continuava a pulsare violentemente: dovevo assolutamente liberarsi e sborrare.
Il treno non era giunto a Pisa, mancavano ancora 30 chilometri e per fortuna lo scompartimento pian piano si era svuotato: non fu facile mollare la presa e togliere la mano dai pantacollant della giapponesina.
Adesso però me la dovevo scopare. In un modo o nell’altro.
Mi alzai e la presi per un braccio: “Andiamo?”
Rispose “After I go”. Era la prima parola che usciva dalla sua bocca.
Sembrava come paralizzata, piccola, delicata; nessuno lì intorno avrebbe pensato che una ragazzina così, fra pochi minuti, sarebbe stata schizzata di sperma.
Dove portarla?
Con la mano sotto la sua ascella la trascinai con decisione verso il bagno.
Lei disse ancora” After I go”.
“Yes , yes, after you go….ma prima voglio scoparti tutta, davanti e dietro”. Non capiva nulla di quello che fra i denti le stavo ringhiando eccitato.
Entrammo nel bagno, senza che nessuno ci vedesse.
Aprii la porta e con violenza la sbattei contro il lavandino, e veloce mi abbassai i pantaloni.
Il mio cazzo da tanto era eretto quasi mi faceva male.
Le presi la testa e, nonostante magari non capisse nulla, le dissi di inginocchiarsi di fronte a me: “Succhiamelo subito, troia”.
Lei lo fece subito: succhiò con tutta la forza che aveva. Sembrava impazzita, mentre succhiava e faceva passare la lingua sulla cappella.
“Continua, fammi sentire la saliva”.
“Adesso alzati e girati”.
La sbattei contro il lavandino, le abbassò i pantacollant e le fece allargare le gambe mentre teneva la sua testa abbassata.
“Ora ti penetro la fica”.
La iniziai a scopare cattivo. Lei stava zitta: solo ogni tanto un sussulto e un gemito come di dolore.
Stavo penetrando un piccolo corpicino tutto bagnato.
Il mio cazzo sembrava navigare in quella piccola fichetta fradicia.
Le stavo assestando dei colpi violentissimi: volevo sfondarla.
“Adesso dammi il culo”.
Appoggiai la cappella sul buchino roseo, ma era troppo piccolo. Non continuai.
Intanto con la mano le frugavo il clitoride, infilandole le dita dentro alla fica: sembrava un lago.
Sentivo che non ne avevo per molto: tra poco sarei venuto.
“Ora girati e mettiti in ginocchio davanti a me. Voglio schizzarti addosso”.
Lei lo fece. Vidi allora il suo volto: quasi impassibile, se non fosse stato per il respiro ansimante e la faccia tutta rossa.
Lei non capiva ma le sussurrai a denti stretti, impazzito dall’eccitazione: “Ora succhiamelo che ti sborro addosso. Cosa aspetti? Fallo subito!!!”.
Presi la sua testa con la mano e le ficcai a forza il cazzo in gola.
Cominciai di nuovo a scoparle la bocca, piena di saliva che grondava.
Sentivo venire gli schizzi.
Smisi di darle colpi in bocca, lo tolsi, e con la mano le orientai il cazzo in mezzo agli occhi.
“Stai ferma, non ti muovere, tieni ferma la testa”.
Lei rimase immobile, attendendo gli schizzi sul suo volto.
Finalmente partì il primo schizzo di sperma bianco, caldo e lattiginoso e la colpì in pieno, sulla fronte e sulla palpebra destra.
Poi un altro schizzo violento la prese in mezzo agi occhi e sul naso.
Poi sulla bocca. Sembrava non volessi più smettere. Stavo sporcandola tutta di caldo seme.
Terminai con uno schizzo in bocca.
La sua faccia era diventata irriconoscibile, tanto era lo sperma sul suo viso.
Non ricordo bene cosa successe dopo: so solo che ero esausto e, senza dire nulla, mi tirai su i pantaloni, chiusi la lampo e le feci un sorriso.
Lei rimase impassibile, aprì la borsetta e tirò fuori un clinex per asciugarsi alla meno peggio.
Uscimmo dal bagno: una fortuna, non era arrivato nessuno.
Proprio in quel momento arrivammo alla stazione di Pisa.
Un attimo, prese la borsa e la vidi scendere di corsa e scomparire veloce tra la poca folla che era presente in Stazione.
L’aspettai in stazione alcune ore dopo, pensando che prima o poi dovesse fare ritorno a Firenze, ma non la vidi mai più.

domenica 26 giugno 2011

Con occhio goloso alla tua cam

Finalmente ti ho vista. Da lontano purtroppo, soltanto grazie ad una cam, ma è stato un bel vedere. Mesi di chat e poi finalmente un'immagine che è andata oltre la fantasia ed il semplice virtuale. Sono stato buono buono, non ho provocato, anzi forse sono stato provocato, ma va bene così. Sei molto appetibile (e un lupo ha sempre fame) ma mi sono contenuto. Strategicamente? Ci siamo scelti qualche video hard da guardare e commentare, per un confronto (intellettuale?) tra gusti tipici maschili e gusti femmili, a volte non proprio compatibili. E anche questo mi è piaciuto. Un piacere che si è nutrito di fantasie tutt'altro che lievi, anche se in quel momento non espresse e non messe in pratica con un giochetto virtuale di sesso. Il piacere dell'attesa. Ecco lo definirei così. Con buona pace di quella erezione nata dal vedere quel tuo viso birichino e malizioso piuttosto che dai video, come spesso accade piuttosto scontati e ordinari.
L'ho tenuta a bada - l'erezione - me la sono tenuta per me. Chissà per quanto .. ;)

sabato 18 giugno 2011

Quando gli autobus sono affollati.......

Proprio una giornata particolare quel 5 giugno 1988: primo esame universitario, peraltro andato di lusso, e poi situazioni nel pomeriggio che hanno rischiato di farmi arrestare come losco “frotteur”.

Della serie atti osceni in luogo pubblico.

Ma andiamo per ordine.

Ore 15, esco da casa in cerca di un meritato relax dopo una mattinata piena di tensioni e soddisfazioni.

Momenti in cui una dose di sesso sarebbe stata proprio l’ideale, ma più modestamente non avevo pensato altro che andare per i cavoli miei in centro e poi vedere al momento cosa combinare.

Era una giornata piuttosto calda e di conseguenza gli indumenti che indossavo e che venivano indossati decisamente leggeri. A volte impalpabili.

Con la mia camicia estiva, giacca leggera, i miei pantaloni slargati, con sotto i boxer d’ordinanza, non faccio in tempo a salire sull’autobus nr. 17, quello che si dirige da sempre verso piazza stazione, che in quella inaspettata ressa di persone mi trovo davanti una ragazza di qualche anno più anziana di me (al tempo non avevo che 19 anni). Alcuni giorni prima l’avevo vista passeggiare con la madre dalle mie parti. Probabilmente una vicina di casa.

Ragazza carina, viso impassibile, mora, tipo mediterraneo, lineamenti delicati, vestita in modo sobrio, elegante, con una gonna aderente che metteva in risalto forme di tutto rispetto. Per dirla in maniera brutale: un gran bel culo sodo.

A 19 anni difficile rimanere impassibili di fronte ad una donna che ti attrae ed in quel momento fu inevitabile un’erezione dissimulata alla meno peggio con la piega della giacca. Pantaloni slargati e boxe certo non aiutavano.

Tant’è l’autobus e la ressa – una frenata - permisero un minimo contatto con quel bellissimo culo, malgrado non fosse mia intenzione sputtanarmi o combinare guai.

Evidentemente la ragazza, molto più sveglia del sottoscritto, dopo essersi girata verso di me in maniera quasi impercettibile, sentendo dietro quella sbarra di carne dura e pulsante dietro, non si è disperata più di tanto e ha pensato bene di appoggiarsi comoda e senza dare troppo nell’occhio.

In quel momento mi sono sentito mancare un attimo il respiro. Non ricordo se fu più l’imbarazzo o l’eccitazione.

Forse ambedue le cose.

C’era molta gente e quel contatto così “pulsante” tra la mia patta gonfia e il suo culo, premuti sempre più forte, per il momento non dava nell’occhio.

La ragazza si era accomodata molto bene e ad ogni oscillazione dell’autobus premeva dietro e si strofinava in maniera accorta e lieve.

Attaccato alle sbarre di ferro mi passavano per la mente le peggiori fantasie, appena frenate dalla presenza di persone sconosciute apparentemente assorte in altri pensieri.

Il tempo passava e il mio cazzo pulsava sempre di più. Avevo timore che in quel modo potessi venire lì, visto che la ragazza mi faceva una specie di sega col suo culo. O io me la facevo col suo di culo.

Resistevo e nello stesso tempo mi chiedevo cosa fosse opportuno fare, se azzardare qualcosa o se lasciare andare le cose così col rischio poi di ritrovarmi una gran macchia di sperma sui pantaloni.

Lì in quell’autobus che però pian piano cominciava a svuotarsi mi veniva sempre più voglia di prenderla per i fianchi e allargarle le gambe. Volevo piantarle il mio cazzo duro e pulsante in mezzo alla spacca del suo culo come per entrare dentro di lei.

Mentre premevo forte e lei faceva altrettante spingendo verso di me, mi passavano per la testa tutte le immagini di quello che le avrei voluto fare: mi sarebbe bastato averla da qualche parte, in un luogo solitario, e senza dirle nulla le avrei alzato la gonna e infilata nei suoi buchi. Caldi. Bagnati.

Volevo sentire il mio cazzo avvolto, stretto nella sua carne fradicia di voglia.

Sentivo bene come stava ferma a goderselo pulsante e come si spostava furbetta spingendo quel suo bel culo sodo contro la mia patta del pantaloni.

Credo di aver rischiato realmente di farmi sgamare davanti a tutti quando la vidi voltarsi dietro - due volte - impercettibilmente verso di me, guardandomi con due occhioni sbarrati; e subito dopo allargare spontaneamente le gambe e chinarsi leggermente afferrando con le mani due sbarre di metallo dell’autobus.

Le mie mani erano scese verso i suoi fianchi con l’intenzione di afferrarli e così premere ancor di più contro di lei. E magari, non visto, far scivolare le dita davanti per toccarle quella sua fica che pensavo ormai fradicia.

Magari la cosa fosse finita così, ma non era un film: la situazione, molto più banale, si svolgeva dentro un autobus che stava avvicinandosi a Piazza Duomo e di conseguenza si stava svuotando.

Già la cosa si faceva complicata ed anche ridicola, con questa ragazza – immobile - che aveva dietro di sé un tipo (io) sicuramente con la faccia paonazza e che si poteva intuire le premeva la patta sul suo didietro.

Proprio in quel momento salì un’amica della tipa

Scena abbastanza assurda: l’amica la saluta, forse crede che lei le venga incontro e invece nulla. Ho letto lo sconcerto sul suo volto, mentre la ragazza che intanto mi regalava il suo culetto sodo rimaneva lì a sentire quel mio cazzo duro che le premeva.

Evidentemente stava talmente bene ed eccitata che non riusciva facilmente a staccarsi da lì.

Come io del resto.

Poi pochi minuti dopo l’autobus arrivò in Piazza dell’Unità, a due passi dalla Stazione SMN, e lì, com’era scontato, l’autobus aprì le porte per far uscire quasi tutti i passeggeri.

A quel punto anche la tipa si è improvvisamente staccata da me ed è corsa all’uscita: fui subito costretto a dissimulare il rigonfiamento dei pantaloni con la giacca.

Scesi anche io e, mentre la ragazza aveva finalmente iniziato a parlare con l’amica, la vidi voltarsi più volte verso di me, seria: non pareva tradire alcuna emozione se non fosse stato per la faccia un po’ rossa e gli occhi un po’ sbarrati quando si voltava a guardarmi.

Non sapevo che fare, ma quando vidi le due amiche allontanarsi di passo veloce, pensai fosse il caso di attraversare la strada e prendere un bus che mi riportasse indietro di qualche fermata.

Ovviamente ero ancora molto eccitato e, pur tentando di dissimulare alla meno peggio, l’erezione era ancora potente.

Non aspettai che pochi secondi ed arrivò nuovamente un bus n. 17 che avrebbe riportato in zona Duomo.

Anche quello era affollato, ma a quel punto decisi di entrare ugualmente

Non voglio farla lunga: la cosa si è subito ripetuta appena messo piede sul nuovo autobus.

Ovviamente ero ancora su di giri per l’esperienza vissuta poca prima, con quel rigonfiamento dissimulato alla meno peggio.

Non feci in tempo ad entrare sul 17 che tornava indietro in direzione Duomo che vidi un bel culetto di ragazza, avvolto di jeans attillati, che letteralmente si incollò alla mia patta ancora così gonfia di voglia.

La cosa mi prese di sprovvista, ma per poco.

Diedi uno sguardo abbassando gli occhi e vidi una giovanissima che guardava davanti a sé e intanto, premendo sempre più il suo culetto sodo, pareva accompagnarsi ad una sua coetanea.

Dopo pochi secondi la sentii dire una frase in inglese all’amica e questa si è allontanata andando più avanti in quel bus ancora affollato.

In quel momento la ragazza iniziò a spingere dietro il suo culo con più forza.

Sempre di più. Sempre più forte contro quella mia patta dei pantaloni che stava pulsando e quasi mi faceva male da tanto mi sentivo il cazzo duro.

Una situazione a dir poco strana, con questa ragazza che zitta zitta spingeva da dietro e si scambiava poche parole in inglese con la sua amica. La quale dopo pochi istanti si è allontanata verso l’altro capo dell’autobus.

Una sorta di messaggio in codice o cosa? Non lo so.

So solo che da quel momento, nell’autobus affollato, ma non tanto da non potersi muovere, questa puttanella si è accomodata il suo bel culetto sodo alla patta dei miei pantaloni e non ha avuto alcuna remora a spingere forte, facendo in modo di sentire la mia erezione proprio in mezzo alla spacca del suo culo.

Aveva iniziato ad aderire anche la schiena contro di me.

Sentivo il suo respiro più forte.

Anche in quell’occasione mi sono chiesto cosa fare.

Sembrava che nessuno ci vedesse e la tentazione di azzardare qualcosa di più rispetto a quanto successo prima mi stava montando.

Intanto la mente andava per la sua strada: sentivo che se l’avessi avuta lì, da sola, in un posto un minimo isolato, l’avrei voluta scopare subito. La voglia di entrare dentro di lei in ogni suo buco.

Detto così è magari molto banale, ma era quello che mi stava martellando il cervello.

Finalmente, dopo un veloce sguardo dato alle persone accanto a me, che sembravano completamente distratte, mi sono deciso e le ho afferrato i fianchi.

Da quel momento la pressione sul suo culo si è fatta più violenta.

C’erano dei pezzi di stoffa tra di noi, altrimenti con quella voglia e quella forza che ci stavamo mettendo, sono certo ne sarebbe venuto fuori un sesso anale tutt’altro che complicato.

La cosa è andata avanti per un po’ e mentre la mia mano stavo scendendo per abbassarle la cerniera e così toccarle la fica che mi immaginavo fradicia, ho visto lo sguardo di un anziano.

Scena probabilmente un po’ ridicola ma ho subito rimesso le mani a posto, togliendole anche dai fianchi della tipa.

Tempo un minuto e l’autobus è arrivato alla fermata del ponte del Pino e lì la ragazza si è velocemente staccata da me, lasciandomi ancora una volta nella condizione di dover dissimulare l’erezione mettendomi la mano in tasca.

Un vero peccato: ancora pochi minuti e credo proprio sarei venuto.

La ragazza, con la sua amica che fino a quel momento stava all’altro capo dell’autobus, è così scesa senza voltarsi.

Appena scesa la tipa che mi si era appoggiata con tanta disinvoltura, si è rivolta alla sua amica facendo un gesto col braccio come per dire (anche dal labiale si capiva): “ce l’aveva così”.

Completamente attizzato, scendo alla fermata successiva e, appena voltato lo sguardo, vedo da lontano che le due ragazze si dirigono verso di me.

Non so se più curioso o più arrapato, rimango ad aspettarle.

Appena mi vedono noto che rallentano, poi continuano. Io le guardo e appena mi passano vicino faccio: “ciao”.

E quella che mi aveva gratificato del suo culo, col volto tutto rosso: “Bè che cosa vuoi?”. Poi velocemente passa oltre.

Io, da bravo coglioncello, rimango lì ancora qualche minuto.

Tornato a casa ancora col mio sesso congestionato, mi sono regalato una violenta masturbata pensando a cosa potevo combinare con quella ragazza.

Risultato: per più di una settimana il ricordo di quella strana giornata da “froutter” mi ha provocato tante di quelle erezioni da costringermi ad una intensa attività masturbatoria.

Peccato che al tempo ero ancora inesperto e un po’ingenuo.

Qualche anno dopo avrei avuto meno esitazioni e, senza remore, sarei andato a cercare quella ragazza per proporle di continuare quel discorso iniziato sull’autobus.

Ne avrei avuto proprio bisogno.

Pochi mesi dopo la rividi sull’autobus 17. Ma è un’altra storia ;)

In amor vince chi fugge...

In amor vince chi fugge... ma è poi vero? Penso sempre che a fuggire siano i codardi, e che la vittoria sia una ben magra consolazione se non rappresenta altro che una serie di interrogativi che feriscono come chiodi arrugginiti le elucubrazioni di chi vorrebbe capire...
A volte le cose non vanno, non funzionano come si sarebbe voluto, a volte ci si scopre diversi, ci sta, questo è nel normale ordine delle cose... ma perchè non dirlo, semplicemente? Se c'è una cosa che non sopporto è il silenzio come via di fuga. Mi imbestialisce e mi rende tenace nel volerlo abbattere, alimentando forse una vena di autolesionismo che si scontra, poi, con la delusione di vedere chiaramente l'altro per quello che è. Un debole che non ha il coraggio di affrontare anche la fine di una storia e preferisce nascondersi semplicemente nel silenzio e nell'ombra.
Tipicamente maschile.
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