venerdì 27 luglio 2012

Chissà fino a quando - parte IV


Quando ci si ritrova senza forze, dopo un rapporto sessuale intenso, spesso si usa un termine piuttosto efficace: spompato. Forse anche in riferimento a quel sesso orale che ti ha succhiato via tutto. Si, decisamente calzante e veritiera come espressione.
Così mi sentivo dopo essermi sfogato con la mammina e averla ridotta come piace a me: una maschera di sperma.
Qualche parola di circostanza, qualche battuta ma poco altro. Tutti e due ansimanti. Lei nel soggiorno, su quella poltrona dove l’avevo così conciata, occhi socchiusi e senza alcuna intenzione di andarsi a lavare il viso. Serena, sorridente, quasi sonnecchiante.
Io che un po’la guardavo fissa e un po chiudevo gli occhi seduto sul pavimento e con la schiena appoggiata al muro.
Un momento probabilmente poco “erotico”, tra due adulti che fino a poco prima si erano scopati con accanimento e quasi con rabbia.
Non ricordo bene quanto rimanemmo così. Forse una mezz’ora. Quel tanto probabilmente da far passare quello che viene chiamato “periodo refrattario”. La carica sessuale, la voglia la sentivo ancora, anche se fisicamente mi ero scatenato e non mi sentivo più molto sicuro di poter reggere un altro rapporto con quella donna, che peraltro si era dimostrata piena di risorse e priva di tabù.
Intanto la mammina si era alzata, era andata in bagno, si era rinfrescata e pulita dalle tracce del mio sperma. Devo dire che un po’ la cosa mi era dispiaciuta; inutile ripetere che vederla ridotta in quello stato, col viso, centro delle emozioni, marchiato del mio piacere mi aveva fatto sballare del tutto.
Adesso, con qualche allusione maliziosa, avevamo ricominciato a parlare e mi era riapparsa tutta bella sorridente e fresca, come pronta a ricominciare.
Adesso andai io in bagno e mi feci una veloce doccia, pregandola di aspettarmi. Sarei tornato più vispo di prima, le dissi. O almeno così speravo.
Pochi minuti dopo ci ritrovammo ancora in quel soggiorno, tutti e due sorridenti.
Poi la domanda: - “senti un po’ bella mammina, ma adesso che facciamo?”.
Si mise a ridere: - “non so proponi tu. Un po’ di coccole?”. E giù a ridere.
Avevo capito bene che le sue coccole significavano ancora dosi di cazzo.
Tra l’eccitato e la preoccupazione di non potela gratificarecome avrei voluto, mi avvicinai a lei e le dissi: “Ora vieni di qua, in camera mia. Proviamo a combinare qualcosa come dico io”.
La portai nella stanza vicina, le tolsi velocemente gli slip e la feci stendere sul letto.
“Adesso ci penso io. Ora un bel bis”.
E tornai a leccarle la fica, mentre le allargavo le grandi labbra con le mie dita, affondando la lingua sul clito, intorno, fino a stuzzicarla dentro. Continuai così a lungo mentre le sentivo il respiro affannoso e le sue mani sulla mia testa che mi spingevano contro di lei.
Non del tutto sicuro di poterla nuovamente scopare con intensità la volevo far venire con la mia bocca, eccitandomi della sua eccitazione.
Poi dopo diversi minuti, mentre sentivo la sua fica allagarsi sempre più di umori e sentivo sulla mia lingua le sue contrazioni, ecco che il cazzo per il momento soltanto “barzotto”, nel cogliere il suo respiro sempre più affannoso, divenne nuovamente duro; tanto da poterla penetrare come volevo.
Mi fermai, mi alzai un attimo e la guardai negli occhi. I miei erano sbarrati, quasi cattivi, esprimevano la voglia di tornare a scoparla in ogni buco e senza alcun riguardo.
I suoi erano socchiusi e quasi mi rimproveravano di essermi fermato: “cosa fai? Non perdere tempo, fammi godere, sbattimi, sborrami. Trattami da troia. Fai il porco come prima, sbrigati”.
- “Si, ma ora girati”.
Presi il cazzo con la mano destra mentre lei si era velocemente girata sul letto allargando le gambe e così scoprendo il suo culo e la fica.
Velocemente lo ficcai dentro, prima nella fica. E la pompai con forza mentre con una mano la tenevo per i fianchi e ogni tanto scendevo giù a massaggiarle il clitoride; e con l’altra la tenevo per i capelli, tirandoli. Non ricordo cosa le dicevo, cosa ci dicevamo. Sicuramente, tutti e due tra i denti, delle grandi oscenità condite da tanti “ti scopo troia”, “sfondami porco”.
Poi venne il momento della sua bocca.
Sempre tenendola per i capelli, subito dopo aver estratto velocemente il mio cazzo fradicio di umori dalla sua vagina, le dissi perentorio di aprire la bocca e di succhiarmelo.
La girai verso di me e senza problemi lo ficcai nella sua bocca che già stava aperta con la lingua di fuori.
Nonostante le avessi detto di succhiarmelo in realtà non le diedi alcuna opportunità di farlo:spingendo il bacino contro di lei le stavo letteralmente scopando la bocca, un po’in gola un po’ contro le guance, e così le facevo perdere della saliva.
Era un bel vedere. Si lasciava fare senza problemi mentre conducevo il ritmo con le mani tra i suoi capelli e il mio bacino che andava su e giù avvicinandosi alla sua bocca.
Sempre più forte. Sempre più forte, mentre la saliva le scendeva fino ai seni.
Con voce perentoria le dissi: “Ora ti sborro in bocca. Hai capito? Ti sborro in bocca”.
In realtà continuai ancora per un po’ così mentre le ripetevo queste frasi come ad amplificare la mia voglia.
E poi quando sentii che stavo arrivando iniziai a muovere con ancora più forza e intensità il cazzo nella sua calda e bagnata bocca.
Arrivarono gli schizzi e mi fermai un attimo stringendo i suoi capelli e la sua testa contro di me.
Forse non le riempii realmente la bocca ma la sensazione era quella: mi sentivo svuotare con schizzi liberatori e brucianti.
Adesso dalla sua bocca, mentre continuava a tenere gli occhi leggermente socchiusi, non scendeva soltanto la sua saliva.

sabato 30 giugno 2012

Chissà fino a quando - parte III



Mi era già capitato più di una volta e ormai avevo capito che alla fine del rapporto, quando i fiotti di sperma si erano esauriti, il fatto di vedere la mia partner imbrattata, soprattutto in faccia, del mio seme diventava motivo di ulteriore voglia e desiderio. Un che di potenza e di desiderio che si alimentava con quel volto volutamente sporcato del mio bianco piacere.
Avvenne così anche quella volta, con la “mammina”.
Era stato un rapporto quasi brutale, veloce, intenso come pochi: un sesso anale praticato senza troppi riguardi e poi finito nella maniera che appunto più mi piaceva e che probabilmente più si adattava alla voglia di lei di sentirsi troia. In faccia, una maschera di sborra.
Al termine dell’ultima eiaculazione, bruciante, abbondante, che quasi mi dette l’impressione di essere del tutto svuotato, mi fermai di colpo, con un respiro particolarmente affannoso, e mi buttai ancora con i pantaloni abbassati sul divano che stava lì vicino al tavolo dove avevo inculato e poi schizzato in faccia la mammina.
Anche lei era rimasta lì ferma in ginocchio, ansimante, ferma, con le mani che si reggevano al tavolo, gli occhi semi chiusi e il suo bel viso che era percorso, dalla fronte fino al collo passando per le guance e le labbra, da lunghe gocce di materia biancastra. Si era la parola adatta: una maschera di sborra.
A quanto pare ero molto pieno e quel rapporto brutale ma del tutto condiviso mi aveva proprio svuotato.
Rimanemmo qualche istante silenziosi; poi mi feci forza, mi alzai e, ogni tanto volgendo lo sguardo a lei che ancora rimaneva in ginocchio come inebetita, andai in bagno con i pantaloni ancora abbassati e col sifone della doccia e il sapone mi pulii quel mio cazzo che ancora non si era del tutto ammosciato. Dopo un sesso anale e così tanto sperma ne aveva decisamente bisogno.
Mentre lo facevo continuavo a guardarla, lì in ginocchio e fissandola su quel viso pieno di quel mio piacere che ancora le impiastricciava la pelle: qualche goccia scendeva ma a quanto pare le avevo regalato del seme poco liquido che rimaneva attaccato a lei e mi faceva pensare ad alcuni film hard guardati nell’adolescenza. Quelli dove l’attrice, dopo il facial, rimaneva ferma per lunghi minuti a farsi vedere così e magari si alzava e camminava per farsi mostrare tutta spermata.
Tornai vicino  a lei che stava per alzarsi e le dissi: “ti prego adesso non pulirti, rimani per un po’ così”.
Seria seria sii limitò a togliersi un po’ di sperma intorno agli occhi ma fece come le dissi. E mi guardò, come per chiedermi adesso cosa volevamo fare.
Guardarla così riaccese nuovamente quella voglia che probabilmente non era affatto terminata neppure con la mia recente sborrata. Era stato solo quel momento di stanchezza fisica presente negli uomini, ma quel mio marchio di seme sul suo volto mi fece dimenticare tutto il resto.
La guardai fissa sul suo viso tutto sporco di me e poi con la mano sinistra l’afferrai per i capelli: “Adesso vieni, ne ho ancora per te”.
Comunque stanco, malgrado la voglia che mi era ripresa come prima, sempre con la mano nei suoi capelli, la feci sedere su quella poltrona e le dissi di allargare le cosce.
La mutandine erano ancora scostate. Mi misi velocemente in ginocchio e davanti a lei seduta, dopo aver tirato fuori la lingua e averla fatta vedere quasi con un sorriso, iniziai a leccare quella fica ancora pulsante e tutta rossa, bagnata di umori. Con le mani la allargavo e intanto leccavo velocissimo e infilavo la lingua tra il clito e il buco della vagina.
Il cazzo mi diventava sempre più duro e lì sulla poltrona, con le sue mani che stringevano la mia testa e le mie spalle, lei mi faceva sentire un respiro sempre più profondo e parole smozzicate miste a gemiti: “continua porco continua”.
Dopo poco, discostando la bocca dalla sua fica: “Ora tocca a me bella mammina”. Le dissi così con uno sguardo quasi incattivito.
Era lì con gli occhi sbarrati, con le cosce tutte aperte, quasi nuda, con i vestiti tutti discostati per permettere la mia penetrazione.
La presi ancora per i capelli, per la testa, con due mani: “Apri la bocca”.
Le infilai il cazzo dentro e, mentre la tenevo sempre con due mani per la testa e per il capelli, iniziai letteralmente a scoparle la bocca col mio bacino che faceva su e giù contro di lei.
Sentivo la sua lingua che si dava da fare ad accogliere il mio cazzo che la scopava e tanta saliva che le iniziava a colare dalla bocca.
Non so quanto andai avanti.
Ma quando iniziai a sentire i primi stimoli di una nuova sborrata, la fissai nuovamente sul viso, sempre pieno del seme regalatole poco prima, e con la bocca piena del mio cazzo che stava esplodendo ancora.
Un attimo prima di venire, tenendola per i capelli con la mano sinistra, tolsi il cazzo dalla sua bocca e mirai alla sua fronte e in mezzo agli occhi.
Pensavo di essermi praticamente svuotato ma in realtà, mentre urlavo dal piacere, vennero fuori altri schizzi, sicuramente meno abbondanti di prima, ma quel tanto da riempirle ancora il viso del mio seme bianco.
 
[...]



lunedì 14 maggio 2012

Chissà fino a quando - parte II


Ormai erano passati alcuni mesi da quell’incontro così particolare e clandestino. La brava mammina in bicicletta.
Ci ripensavo tra un misto di divertimento per la situazione grottesca e l’eccitazione del momento; con tutto quello che c’eravamo promesso sia al cellulare sia quella volta che dal vivo ci siamo presi contro quel muro e le sussurravo le peggio cose mentre la frugavo dappertutto.
Poi pochi giorni dopo quello strano ed eccitante incontro mi contattò e mi disse che quel suo povero marito  le aveva scoperto un cellulare che non conosceva, con una rubrica piena di nomi maschili.
Quindi, dopo avergli detto che era solo una cosa da nulla, senza importanza, gli aveva promesso di gettarlo via. Insomma voleva fare la brava ragazza.
Però la natura è quella che è e difatti passato un po’ di tempo la incontrai per caso in strada, una sera d’estate: qualche sorriso malizioso, poche parole e la promessa di rivederci. Sapevamo per cosa.
Le lasciai nuovamente il numero di cellulare e lei mi diede il suo nuovo numero.
Alcuni sms e il giorno dopo, verso le 18, poco dopo essere rientrato a casa dall’ufficio, ecco suonare il campanello. Era lei, come promesso.
Questa volta volevo finire dove avevo lasciato e anche lei ne a quanto pare, passato il periodo di penitenza, ne era convinta.
Le aprii la porta. Vestita con un abitino leggero e corto che faceva ben vedere le sue forme abbondanti, entrò velocemente e con un sorriso ampio ed estremamente malizioso.
Ci guardammo un attimo negli occhi. Solo un attimo. E poi la presi con forza stringendola a me e baciandola sulla bocca, frugandole dentro con la lingua. La premevo con forza e lei faceva lo stesso, con le mani che iniziavano subito a toccarmi la patta sopra i miei jeans leggeri.
C’è poco da aggiungere: avevamo urgenza di scopare ed evitai i miei consueti preliminari, fatti di leccata di seni, di capezzoli, di fica.
Il tempo di baciarci furiosamente, di strusciarci con forza per un lungo minuto e poi pensai bene di andare oltre.
Lì nell’andito, dove avevamo subito iniziato a fare sesso, c’era un tavolo.
La presi di peso fino quasi a sbatterla lì contro.
Le dissi: - ora girati e allarga le gambe! – mentre le alzavo la gonna e le abbassavo velocemente gli slip.
Le misi la mano destra sulla testa e la feci chinare contro il tavolo, con il bacino appoggiato, mentre le allargavo le gambe aiutandomi con le mie.
Sapevo che amava le parole forti, che la trattassi per quella grandissima troia che era.
Non ebbi remore a dirlo: - Ora stai ferma e fatti inculare!
Lei: - dai fallo, fai presto.
Ora lei era riversa contro quel tavolo, china, con la gonna alzata, gli slip abbassati, col buco del culo roseo tutto scoperto davanti a me.
Il tempo di aprirmi la patta dei pantaloni e liberare quel mio cazzo diventato ormai di marmo che appoggiai veloce la cappella sul suo buchino. Un attimo e iniziai a spingere. Prima in maniera continua, tanto da sentire la mia asta pulsante sempre più avvolta e  sempre più stretta dalla sua carne, e poi iniziando a spingere più forte assestando colpi regolari. Forti.Come voler arrivare fino in fondo, in fondo al buco del suo culo.
Ansimava e forse sentiva dolore ma mi diceva: - continua porco, sfondami.
Io mentre la inculavo e tentavo di toccarle i seni e dappertutto, tenendole la testa china contro il tavola, la trattavo da troia quasi urlando.
L’idea di venirle nel culo mi prendeva moltissimo ma tutto quel suo voler essere trattata da troia mi fece tornare la voglia di farle una maschera di sborra. Di farla sentire, con lo schizzarle in faccia, ancor più troia. Quella che voleva essere.
Avevo il cazzo completamente avvolto dal suo ano, dal suo buchino stretto. Un attrito che mi stava facendo venire forse prima di quanto volessi.
E ora sapevo cosa fare.
Appena sentii l’urgenza di sborrare, feci uno sforzo su di me, mi fermai un attimo, tolsi il cazzo da quel buco di carne, la presi per i capelli e la costrinsi ad inginocchiarsi davanti a me.
Fu un attimo, pochi secondi.
Là accanto al tavolo dove la stavo inculando, appena ebbi il suo viso davanti, con una mano nei suoi capelli e l’altra che teneva il cazzo duro e pulsante, sentii partire i miei schizzi brucianti di sborra.
Avevo evidentemente un bel po’ di arretrato perché i fiotti di sborra furono abbondanti e la colpirono in pieno viso. Completamente, mentre stava ad aspettare ad occhi socchiusi.
Fu un’immensa gratificazione vedere quella mammina, una mammina tanto birichina, con quel suo bel viso pieno del mio sperma.
Sicuramente non finiva lì….


domenica 22 aprile 2012

Festicciole.....


Non ricordo proprio che musica avevano messo in quella nostra festa di adolescenti arrapati.
Forse gli Wham, al tempo andavano forte; ma poco importa.
Era una musica lenta, adatta allo struscio ed alcuni di noi giovanissimi eravamo proprio contenti di approfittare dell’occasione per abbrancare una nostra compagna di classe, o comunque una di quelle tipe ben messe che erano venute alla festa.
Altri proprio non avevano ancora testa per il sesso e lo struscio. Erano più bimbetti.
Io da quel punto di vista ero stato molto precoce e da un po’ avevo capito bene quanto mi piacesse il contatto fisico con le ragazzine.
Questa volta mi feci più intraprendente e, dopo aver sfiorato per un fianco la Laura, come per invitarla, la presi da una parte, senza troppi complimenti, e le dissi: “dai, vieni”.
Eravamo solo io lei e un’altra coppia.
L’ora era tarda, gli altri assonnati, stravaccati sui divani nemmeno facevano caso a me e a lei. Poca luce.
Gli altri saranno stati assonnati ma io, con la Laura lì contro di me, mi sentivo molto ma molto vispo.
Lei era veramente carina, mi era sempre piaciuta con quel suo bel viso dolce, quella sua timidezza che però non nascondeva momenti di malizia. E due seni sodi, forse non molto grandi ma proprio ben disegnati, pieni.
Ero più alto di lei di almeno venti centimetri, col mio uno e ottanta adolescenziale, e sentivo i suoi seni premere timidamente contro di me; mentre le tenevo le mani sui fianchi.
Un inizio forse un po’ timido.
Ma poi, complice il buio, sguardi veloci tra di noi, la poca gente accanto, la iniziai a stringere di più facendole spingere più forte i seni contro di me ed io premendole addosso.
Ero già in erezione dal primo momento che iniziammo a “ballare”; ammesso quello fosse un ballo e non un semplice pretesto per una pomiciata.
Non avevamo mai parlato molto io e Laura.
Timidi tutti e due, ma ora i nostri corpi erano premuti forte, gli sguardi tra di noi si facevano più frequenti.
Malgrado la musica di sottofondo sentivamo che di romantico e tenero tra di noi s’era proprio poco.
Di certo tenero non era proprio quel mio cazzo che pulsava contro il ventre di Laura, coperto soltanto da un leggero vestitino.
Inizialmente avevo forse un leggero imbarazzo nel pensare che potesse accorgersi di quel mio rigonfiamento. Ora non più.
Era troppo duro e pulsante – si muoveva proprio – per non accorgersi cosa stava succedendo e lei pareva non volersi affatto ritrarre. Stava lì ferma a prendersi tutte le pulsazioni del mio membro eccitato. Anzi ebbi l’impressione che avesse iniziato anche lei a premere leggermente per sentire meglio quella cosa dura che la desiderava.
A quel punto, giovane inesperto finché si vuole, ma le remore vennero meno, e iniziai pian piano a stringerla di più per farle sentire meglio su di lei cosa mi stava succedendo.
Adesso Laura oltre a guardarmi ogni tanto negli occhi, senza dire niente, abbassava lo sguardo sulla mia patta dei pantaloni. Rossa in viso. Sempre di più. Ma senza alcuna voglia di ritrarsi.
Per fortuna la musica continuava sempre sullo stile lento, e nella distrazione generale.
Pian piano, sempre stretti, come per “ballare”, ci avvicinammo alla stanza dove erano riposti i nostri soprabiti.
Sempre più distanti dall’improvvisata pista da ballo e sempre più vicini ad un luogo appartato. E sempre in silenzio.
Una volta lontani da occhi indiscreti, la strinsi ancora di più e ci fermammo anche se la musica continuava.
Tutti e due zitti, abbracciati, ci siamo premuti ancora più forte; quando mi voltai leggermente per vedere se ci potevano vedere.
Nessuno si era accorto di noi e velocemente le presi la sua  mano e la misi sulla patta dei miei pantaloni.
Lei sempre zitta ma iniziò, senza che dovessi dirle nulla, a massaggiarmi lì sopra dove ormai il cazzo mi pulsava duro a mille.
Poi aprii la cerniera e lo feci scivolare tra le sue mani perché mi masturbasse.
Non ci fu bisogno di dire nulla. Lo fece con la sua manina delicata, su e giù, su è giù, mentre si guardava furtiva temendo che arrivasse qualcuno.
Il mio respiro era sempre più affannoso, sentivo che non ne avrei avuto per molto.
Poi quando mi sentii venire, la strinsi forte premendole la mano su di me. E partirono degli schizzi, abbondanti, quasi brucianti nel loro uscire a fiotti; che sporcarono appena i miei pantaloni e la sua mano. Il resto tutto sul pavimento.
Ci guardammo, rossi in volto, ancora senza dire niente; e mi rimisi il cazzo nei pantaloni, anche se ne avrei voluto ancora della sua mano.
Poi da bravi ragazzini ci dirigemmo, come fosse nulla, in una parte della casa con più luce e dove stavano mezzi addormentati i nostri compagni.
Mi limitai a dirle: “Un bel ballo, vero?”.
E lei, sorridendomi timida: “si davvero”.
E io: “Se rimettono la musica poi ti invito ancora”.
Lei: “Si va bene”.
Una cosa detta così che sembra da innamoratini di Peynet.
Ma in quel momento di Peynet c’era davvero poco.
Timidi, silenziosi, ma lo sguardo era tutto per la sua bocca.
Al prossimo ballo non mi sarei più accontentato della sua mano.

sabato 24 marzo 2012

Ancora in treno....


Non erano passati molti mesi da quell’inaspettata scopata avvenuta sul treno con una sconosciuta e giovane giapponese.

Sono situazioni che accadono una volta sola nella vita, almeno così si pensa.

Però la voglia di ripetere quell’esperienza, di ritrovarsi in una situazione del genere ormai era innescata; e se mai si fosse presentata ancora l’occasione sicuramente l’avrei coltivata.

Successe appunto pochi mesi dopo, ancora in treno. Questa volta mi recavo a Bologna e, salito a Firenze, stavo su uno degli ormai introvabili pendolini Intercity.

Sicuramente non fu un caso se mi sono seduto nello scompartimento davanti una bellissima ragazza mora, alta, sui 25 anni, viso dolce, lineamenti regolari: praticamente una fotomodella.

Ancora una volta lo scompartimento, una volta arrivati a Prato, si svuotò e rimanemmo io, un po’distante un tizio che sonnecchiava., e appunto la ragazza davanti a me.

Qualche sguardo da parte sua, forse un po’distratto forse no, sguardi più insistiti da parte mia al suo viso (forse il pensiero di come avevo ridotto la faccia piena di sborra alla giapponesina si riaffacciava?) e alle sue lunghe gambe snelle avvolte in un elegante pantacollant.

Il pensiero di stuzzicarla si era fatto molto forte, sempre ricordando quel precedente di qualche mese prima.

Certo era un azzardo e così venivo meno alla mia proverbiale discrezione: ma gli sguardi della ragazza, anche se timidi, non mi facevano pensare che le dispiacessi. Anzi.

Quindi con molta disinvoltura mi “accomodai” e, senza dare troppo nell’occhio, appoggiai le sue gambe accanto alle sue.

Se la cosa non fosse stata gradita aveva tutto lo spazio per ritrarsi e idem avrei potuto fare lo stesso.

E invece, lì davanti a me, con sguardi sempre più insistiti, non ci pensò affatto a ritrarsi: le sue gambe rimasero attaccate alle mie e iniziarono a premere.

Sia da parte mia che da parte sua.

Sempre più forte. Ancora più forte.

Due gambe che si cercavano, un po’ divincolandosi per meglio sentirsi, e premevano con forza le une contro le altre, mentre i nostri sguardi indugiavano sempre di più sui nostri volti ormai diventati rossi di eccitazione.

Non posso immaginare cosa le passasse per la mente, ma forse erano più o meno le stesse cose che avevo in testa io in quel momento, nel quale pure ripensavo a cosa avevo combinato in quel treno pochi mesi prima e che ora volevo fare con lei: portarla velocemente in bagno, ficcarle la lingua in bocca mentre con la mano le avrei fatto sentire come l’avevo duro, poi inginocchiarla, ficcarglielo in bocca, scoparle la bocca e poi alzarla velocemente, abbassarle i pantacollant, scoparla e poi prima di venire prenderla per i capelli, chinarla verso di me, sborrarle in bocca e in faccia. Vederla piena di me e tutta ansimante di eccitazione mentre le grondava sperma dal viso fino ai seni.

Mentre pensavo tutto questo seguitavo a premerla.

Le sue gambe erano imprigionate dalle mie e lei, che intanto si era leggermente distesa avvicinandosi a me, stava facendo forza contro le mie; mostrando un po’ la fatica – e la voglia – nello sforzarsi di premere contro di me.

E il suo sguardo, timido e come un po’ stupito, che indugiava sempre più nei miei occhi e poi subito sulla mia patta dei pantaloni che ormai si mostrava gonfia e pulsante […]

venerdì 10 febbraio 2012

Chissà fino a quando

Squillò il cellulare proprio dopo essere uscito dall’ufficio.

Erano poche settimane che lavoravo in quella città di provincia e l’idea di concretizzare dal vivo qualche conoscenza avvenuta prima online, sulla mitica C6, proprio non mi dispiaceva.

Avevo già sentito al telefono quella signora molto disinvolta e tra poco l’avrei vista per un veloce salutino.

Situazione forse ridicola, ma di certo niente di programmato o di glamour: io uscito da una faticosa giornata lavorativa, lei, da brava casalinga, a fare la spesa presso l’Ipercoop della città, proprio vicino al mio ufficio.

Insomma l’occasione per un “ciao” , soddisfare una curiosità e poco altro.

La vidi arrivare in bicicletta, con appresso una sporta della spesa.

Lei una signora sposata, con due bimbi piccoli, maestra, un po’ corpulenta, un bel viso, sui 40 anni, di certo in un contesto che meno sexy non si può.

Gli incontri di chat sono motivati, almeno per come li ho vissuti io, spesso dalla mera curiosità e il sesso o la scopata in fondo sono una variabile neppure troppo scontata; neppure quando in precedenza, nel mondo “virtuale”, i contatti sono stati disinvolti e hot.

Contesti diversi e concretezza, oltre che la consapevolezza che altrimenti si rischia di apparire dei gran sbruffoni.

Tant’è è indubbio che incontrare una persona che si sa essere disinvolta e forse predisposta, almeno nei tuoi confronti, un che di attizzamento te lo provoca.

Anche se in versione casalinga con tanto di sporta della spesa e bicicletta.

Io, accostandomi con la mia mountan bike alla sua bicicletta da donna, e sorridendole:

- “Ciao finalmente ti vedo”.

Lei: - “Eh si finalmente davvero, mi fa piacere vederti. Dare un volto a una voce è sempre interessante”.

Io: - “ma tu hai già fatto incontri con persone conosciute su C6?”

Lei: - “Oh si” (e qui mi sorride maliziosa).

Io: - “Ma senti senti. Per caso doppia vita?”

Lei: “da sempre.”

Io: “parte oscura?”

Lei: “sempre avuta”.

Io: “quasi quasi ti vorrei dare un bacino” (ironico).

E qui si fa seria, improvvisamente, dopo appena due minuti di conversazione.

Lei: - “andiamo dai”.

Mi lascia quasi basito: una sola mia frase maliziosa, ironica e a quanto pare presa molto seriamente.

Si gira, prende la bicicletta e si dirige presso alcuni palazzi vicini all’Ipercoop, un po’ isolati.

La seguo, non so bene se più curioso o perplesso.

Scende, accosta la bicicletta sul muro e mi indica una rampa di scale.

Saliamo, non c’è anima viva (pieno agosto).

E qui la perplessità va via del tutto: l’afferro per i fianchi, la giro e la spingo contro il muro, mentre lei mi sorride con la bocca un po’ dischiusa.

Lei: - “e ora che vuoi fare?”.

Io: - “Ora lo vedi”.

Le ficco la lingua in bocca e inizio a toccarla dappertutto, sui seni sodi, sul culo, stropicciando quel suo leggero vestitino mentre intanto le faccio sentire come mi è diventato duro spingendolo contro di lei.

Mi guardo ogni tanto intorno per timore che qualcuno ci veda e intanto, alzandole la gonna, le infilo le dita negli slip: fradicia.

Intanto la signora, lì contro il muro, ansima leggermente e mi fruga nella patta dei pantaloni.

Io, a denti stretti: - “ti faccio di tutto e lo sai. Ti voglio scopare”.

Lei: - “gran porco che sei. Lo faremo”.

Io, appena dopo aver liberato dalla patta dei pantaloni quel mio cazzo duro e pulsante: - “poi ti sborro in faccia, gran troia che sei”.

Lei, seria e poi all’improvviso quasi ridendo: - “si lo farai”.

Insomma, lì contro quel muro ci siamo baciati, toccati, e alla fine, con la sua mano che mi faceva su e giù col mio cazzo, stringendolo alla base e poi arrivando a toccare la cappella, mi liberai di tutto quello sperma che mi sentivo ormai pulsare dentro.

Schizzi di bianca sborra le sporcarono la mano e un po’quel vestitino chiaro che avevo tanto stropicciato pieno di voglia.

Ansimanti siamo rimasti lì contro quel muro per qualche secondo e poi furtivi ci siamo guardati intorno mentre io mi tiravo su la cerniera dei pantaloni e lei si ricomponeva e si puliva alla meno peggio dagli schizzi di sperma.

Silenziosi, con le nostre labbra increspate da un sorrisino, abbiamo sceso le scale di quell’appartamento ancora deserto e siamo tornati velocemente alle nostre bici.

La guardo negli occhi e le sussurro piano: - “Allora risentiamoci presto”.

Lei si china all’improvviso e mi dà un veloce bacino sulla patta dei pantaloni : - “Ora devo scappare a casa ma mandami subito un sms e ci risentiamo anche tra pochissimo”.

Sale sulla bici e via a casa a fare la brava mammina.

Chissà per quanto.

sabato 4 febbraio 2012

La chat, il telefono e poi......(parte IV)


Ero lì accanto a lei, esausto dopo due violente eiaculazioni; ma ancora una volta il vederla in viso tutta imbrattata, con i segni del nostro piacere, mi diede energia per continuare a farlo.

Era sicuramente la situazione, il fatto, magari pure strumentale, di alimentare la voglia con questa sorta di feticismo dello sperma (vederla grondante sborra), che quella volta sono stato capace di ricominciare, per la terza volta, dopo pochi minuti.

E nell’occasione, con la mente tutta rivolta al suo culo – non so nemmeno come mai visto che era la parte di lei meno attraente, un po’sovrabbondante - il mio strumento di piacere doveva essere ben duro per poterla penetrare e per superare le strettoie di quel buchino di carne.

Ancora con le mani sul suo seno imbrattato di sperma, quasi nel volerle fare un massaggio con la crema, uno sguardo insistito al suo viso ansimante e con la bocca sporca di bianca sborra, e poi le intimai di girarsi.

Lei lo fece e velocemente, senza dire nulla, soltanto annuendo seria verso di me; e con le mani le allargai prima le cosce e poi le natiche per poi scoprire del tutto il suo ano tutto roseo.

Mi avvicinai e ci sputai sopra due volte.

Poi ancora con un tono di voce perentorio le dissi di stare ferma che l’avrei inculata.

Le dissi proprio così, quasi freddamente ma con la voce che mi tremava un po’, avvicinandomi al suo orecchio destro mentre mi appoggiavo pesantemente alla sua schiena:

- Adesso devi fare ancora la mia troia. Stai ferma che ti inculo. Te lo ficco fino in fondo al buco del culo.

Lei rimase un attimo zitta e poi disse quasi con tono impercettibile:

- Fallo.

Poi con la mano presi il mio cazzo, al quale avevo infilato nuovamente un preservativo alla meno peggio, e lo appoggiai a quel buchino dilatato sul quale pochi secondi prima avevo sputato la mia saliva.

Iniziai a premere prima piano e poi sempre con più forza.

Sentivo come cedeva sua carne morbida e intanto il mio cazzo veniva avvolto stretto da altrettanta carne.

Non potevo guardarla in faccia ma sentivo che stava ansimando più forte di prima rispetto alle altre due volte che l’avevamo fatto.

Non credo fosse vero dolore, o se lo era sicuramente capivo che era misto ad una gran voglia.

Una volta che il suo culo fece sparire dentro di lei gran parte della mia asta ancora dura e pulsante, smisi di spingere in maniera uniforme come semplicemente per infilarlo e iniziai a scoparla.

A scoparle il culo, mentre da dietro, pur nella scomodità della situazione, un po’ la tenevo per i fianchi e un po’ strizzavo i seni e le toccavo la fica fradicia infilandole anche le mie dita.

Me lo sentivo tutto avvolto, premuto e nello scoparla in quel canale stretto quasi sentivo male tanto era lo strofinare del mio cazzo dentro di lei.

La scopavo e intanto potevo dirle di tutto al suo orecchio.

Quelle frasi pesanti mi venivano spontanee tanto più che avvicinandomi alla sua testa sentivo il suo ansimare e lei che, con voce flebile rispetto i suoi rantoli di piacere, mi diceva:

- Inculami porco. Spaccami. Sono la tua troia.

Ancora una volta dopo alcuni minuti di questo violento sesso anale iniziai a sentire gli stimoli dell’eiaculazione.

Non volevo sborrare nel preservativo, non volevo privarla e privarmi del piacere di regalarle gli ultimi residui del mio sperma.

Quasi facendo uno sforzo di volontà le sfilai velocemente il mio cazzo dal suo buchino stretto contemporaneamente sfilando quel sempre fastidioso palloncino di lattice, lo presi in mano e la girai verso di me tentando di non venire proprio in quel momento.

Appena la vidi in viso ancora non del tutto girata verso di me, mi partirono gli schizzi.

Schizzi quasi brucianti ad ogni loro uscita dal mio cazzo, che la colpirono ancora una volta tra viso, bocca e seni.

Pochi secondi intensissimi, dopo i quali crollammo l’uno accanto all’altra.